sotto un'altra luce

La scienza non ha cattedrali. Questa considerazione ci ha condotto a questo incontro di arte e fisica, sensazione e ragione, immagini e parole. Ci siamo chiesti se fosse possibile andare oltre la rappresentazione delle idee e dei fenomeni per incontrare la suggestione e la sensazione.


Otto osservatori si immergono in una natura diversa, lontano dalla dimensione umana: la fisica della relatività speciale, delle alte velocità e delle piccole cose, decidendo di piegare la luce al loro volere entro i confini dello studio e interpretare le conseguenze.

Abbandonando il formalismo matematico, scegliendo altre vie per descrivere questa fisica tanto lontana da noi, è stato possibile stimolare la sensibilità di sette artisti che ora ci restituiscono la meraviglia di una parte di universo altrimenti inaccessibile.


Decidere di guardare la natura sotto un'altra luce significa decifrare, vivere e descrivere esperienze che esistono solo al di là dell'uomo, attraverso artefatti, parole e forme colorate. Come i vetri variopinti di una cattedrale.


Molto veloce, molto leggero


La teoria della relatività di Albert Einstein nacque più di un secolo fa, a Berna, in risposta a un urgente bisogno di armonia. A inizio secolo, la neonata teoria dell’elettromagnetismo presentava, accanto alle conferme sperimentali, aspetti inconciliabili con la ben nota meccanica classica, in particolare con il principio di composizione delle velocità.


Ben prima della scoperta delle onde radio, da parte di Heinrich Hertz nel 1890, James Clerk Maxwell, coronando il suo lavoro di ricerca in quel campo della fisica, aveva ricavato la velocità della luce da considerazioni puramente elettromagnetiche, legando il valore di c (questa la lettera comunemente usata per indicare la velocità della luce) al valore di altre due costanti universali, ossia grandezze fisiche del tutto indipendenti dall'istante e dal luogo in cui vengono misurate.


Capiamo bene come questo traguardo possa aver creato una frattura con i principi della fisica galileiana, secondo i quali due osservatori in moto l’uno rispetto all’altro si trovano a dover conciliare differenze di velocità registrate nelle loro osservazioni attraverso leggi di somma algebrica e composizione. In parole povere, la nostra esperienza ci porta a pensare che la velocità di un passeggero (Vp) che cammina su un treno in corsa (Vt) sia riconducibile, ai nostri occhi di spettatore seduto nella sala d’attesa di una stazione, alla semplice somma delle due velocità (Vt + Vp).

Questo non è vero per la velocità della luce, c è costante, a prescindere dal punto di vista dal quale la si misura. Albert Einstein ha ristabilito l’armonia ipotizzando che le leggi fisiche che governano i fenomeni siano le stesse in tutti i sistemi di riferimento. Ha elevato questa congettura al rango di ipotesi e, affiancando il postulato di invarianza della velocità della luce, ha costruito la teoria coerente che oggi vi proponiamo di apprezzare.


Gli effetti relativistici diventano evidenti per velocità prossime a quella della luce, come quelle delle particelle elementari. Pertanto, l’esperienza umana è estranea a questa classe di fenomeni, le cui conseguenze possono apparire estremamente controintuitive e lontane dal nostro senso comune.

A meno che non si immagini di osservare le cose sotto un’altra luce


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